Halloween o Capetièmpe

mercoledì 3 novembre 2010

Halloween è una tradizione che si  sta  affermando in tutta Italia e anche nel nostro paese.
Nel comune sentire è una tradizione che arriva dagli Stati Uniti, è sostanzialmente una festa consumistica mirata a travestimenti e divertimenti.  Pochi ne conoscono il vero significato e le origni. Per questo ci piace riportare questa vecchia intervista che abbiamo tratto dal sito "abruzzoeappennino" perchè ci induce ad una riflessione: Halloween trae origini da Capetièmpe. Peccato che è attraverso Halloween che dobbiamo ricordare il nostro Capotempo.
"Capetièmpe: dove tutto ha avuto inizio

I riti, il significato, la festa. Prima, molto prima di Halloween.



Conversazione con Vittorio Monaco
L’autunno è veramente l’inizio di tutto. E’ la stagione in cui la terra si addormenta, prima dell’inverno, in attesa della rinascita primaverile; nei suoi giorni brevi la luce del sole diminuisce d’intensità, le ombre della sera scendono presto e gli uomini ne avvertono la presenza con inquietudine: è allora che si sente più forte la mancanza di luce e calore.

Forse è per questo che nascono i riti, le manifestazioni corali di quella che un tempo si chiamava la civiltà contadina: per propiziare il ritorno della luce, per continuare a tramandare la vita, per scacciare la paura della morte. Forse è cosi sono nati quelli che si chiamano i riti di Capotempo, il Capetièmpe della Valle Peligna, quel continuum celebrativo che va dalla commemorazione dei defunti al momento della fine dell’annata agraria, dal 31 ottobre, vigilia di Ognissanti, all’11 novembre, giorno di San Martino. Un periodo magico e sacro, intriso di religiosità e paganesimo, in cui ballano insieme la vita e la morte, affiorano tradizioni e consuetudini millenarie, eppure, miracolosamente, rivissute ogni volta con rinnovata passione. Nella tradizione contadina questo momento del calendario era un vero e proprio capodanno, un importantissimo spartiacque stagionale e agrario. Negli ultimi tempi con la festa di Halloween ha trovato pure una sua versione, per cosi dire, commerciale, ed è divenuto uno dei momenti più attesi dell’anno, almeno per le giovani e giovanissime generazioni.

Abbiamo chiesto a Vittorio Monaco, studioso appassionato e profondo conoscitore delle culture antropologiche del nostro territorio, autore tra l’altro di un libro dedicato ai riti di Capetiempe, di aiutarci a capire meglio il significato e le origini di queste feste.
Tutto comincia da Capetiempe, allora.

“Questo periodo dell’anno andava sotto il nome di Capotempo. I riti che vi si praticavano, legati al ricordo dei morti, erano a tutti gli effetti riti di capo d’anno e si svolgevano nei primi giorni di novembre”.
Una religiosità contadina che in seguito viene battezzata, per cosi dire, dal cristianesimo.

“La distinzione tra paganesimo e cristianesimo è estranea al contadino. Perché egli vive la sua religiosità come un complesso unitario, in cui i riti e le manifestazioni sono tutt’uno con la loro dimensione naturale. E il messaggio cristiano viene accolto all’interno di questa dimensione: vive nel rapporto organico dell’uomo con la natura. La cultura contadina esprime un cristianesimo popolare che non segna uno stacco netto dai riti religiosi pagani. Saranno la figura di Gesù e la pietas di cui egli si fa portatore ad essere riconosciuti e a facilitare il processo di identificazione con il cristianesimo”.
Per quali ragioni?

“Gesù è colui che soccorre, il gran soccorritore, ma è anche colui che tocca il fondo di ogni umana sofferenza e raggiunge il punto oscuro del dolore. Il contadino vive un’esistenza di sofferenze e privazioni: riconosce il proprio dolore nel dolore incarnato dalla figura di Gesù. E Gesù chiama l’uomo ad identificarsi nel dolore, inducendo al pathos e quindi al soccorso, in una parola alla pietas. E anche la resurrezione assume un significato e una dimensione fitomorfica, naturalistica: è dentro il ciclo naturale della vita, è il seme che rinasce e diventa grano”.
Il culto dei morti si celebra proprio nei giorni di Capètiempe.

“Una religiosità naturalistica come quella che abbiamo decritto, assume implicazioni utilitaristiche: coltivo i morti perché siano propizi al raccolto. Per accrescere il vigore della natura attraverso i riti, dunque. Nella mentalità popolare arcaica la natura è un organismo vivente e l’uomo è un essere ctonio, una forza sotterranea che nasce dalla terra e torna alla terra. Cosi, si alimentano i morti per continuare ad alimentare la terra, la natura, in un moto circolare che è quello eterno del ciclo biologico. E Capètiempe rappresenta il capo d’anno delle stagioni, dell’alternarsi naturale delle stagioni”.
La linea circolare del tempo. Che cosa significa?

“ Le stagioni si alternano in modo circolare (semina, fioritura, raccolta e di nuovo semina): la loro vicenda è scandita secondo il movimento del moto degli astri che tornano eternamente, di ciclo in ciclo, al punto di partenza. E’ una manifestazione di eternità, l’eternità è questo cosmo. Pensiamo a Eraclito: il mondo esiste da sempre, non è stato creato né dagli uomini né dagli dei. L’eternità è la grande madre generatrice, a cui si affianca la piccola madre, il cui organo genitale si chiama natura, e la natura è alma mater, colei che dà appunto la vita. Pensiamo ai culti dedicati alla Madonna, laddove la figura di Maria nella ritualità popolare ha sostituito Giunone e Cerere, simboli della fertilità e delle messi”.
Veniamo ai simboli del Capetiempe. Un corredo tipico sono le zucche ma anche crani, candele, corna e questua. Una ritualità spesso irridente, in cui il doppio senso giocoso e l’osceno di mescola al sacro.

“E’ la parodia, il gioco del rovesciamento in cui c’è l’ irriverenza contro la cultura alta, ma non si rintraccia la dissacrazione profana né blasfema. La sede della divinità generatrice è negli organi genitali che sono anche simbolo di fertilità e forza vitale: sono loro che alimentano la vis generativa della natura, insieme alle divinità ctonie (il sottosuolo, il seme) e a quelle superiori (il cielo, la pioggia, ecc.). I riti dissacrano la dottrina dei chierici e dei letterati, ma celebrano la potenza della natura. Basti pensare a San Martino, giorno di baldoria in tutti i suoi aspetti formali e alimentari, e al significato della figura del santo protettore dei cornuti e, più in generale, della potenza, vis appunto, generatrice”.
Come viene vissuto oggi Capetiempe? Fenomeno culturale, riassunto folklorico di aneddoti e gestualità perdute, antenato della più celebrata Halloween?

“La cultura che ha generato i riti antropologici, quell’insieme di classi subalterne che appartenevano alla civiltà preindustriale, non c’è più. Quel mondo è finito prima del boom economico degli anni sessanta. Oggi abbiamo il popolo fruitore, la massa, la moltitudine indifferenziata di individui di ogni ceto e cultura: la gente, the people. L’impegno, allora, delle istituzioni e anche degli artisti in generale sarà quello offrire questi riti in una forma che non si limiti solo allo svago, al divertimento sradicato e inerte; ma faccia in modo di ricostruire una memoria, in un incontro con una cultura di valori degni di essere riflettuti e considerati e riproposti come interlocutori della modernità. Anche Halloween mi sta bene in questo senso. A patto che si abbia la consapevolezza che la tradizione che arriva dagli Stati Uniti è una tradizione di ritorno: che è l’Europa - e l’Italia - il luogo originario. E il significato, la parola italiana di Capotempo, usata già da Ludovico Ariosto nell’Orlando Furioso, d’altra parte, conserva ancora il senso del capodanno, del capodanno celtico, che, non va dimenticato, cadeva il 31 di ottobre”.
Il nostro incontro finisce qui. Abbiamo solo il tempo di commentare l’uscita del libro Halloween. Nei giorni che i morti ritornano, appena pubblicato da Einaudi. Un viaggio dentro le tradizioni popolari regione per regione, in cui l’Abruzzo e in particolare la Valle Peligna - e il libro di Vittorio Monaco -, occupano un posto di primo piano. Una bella iniziativa, un’importante casa editrice, una collana giovane e dinamica: una immersione nel patrimonio folklorico, in quello sterminato repertorio alla ricerca della Halloween prima di Halloween, e che conduce al punto di partenza, dove tutto è cominciato, direttamente a Capetièmpe. "

di Antonio Di Fonso

10 risposte:

Anonimo ha detto...

Mi ha fatto molto piacere leggere questo pezzo che non conoscevo perchè ero una di quelle persone che pensava (non condividendo fra l'altro) che halloween era una festa importata dagli Stati Uniti e priva di significato.

anto ha detto...

ho trovato questo pezzo molto bello. ci riporta alle nostre tradizioni, alla nostra storia, al nostro passato, ai nostri personaggi. Ci fa ricordare momenti di vita contadina, dei nostri genitori e tocca a noi fare si che queste tradizioni non vengano dimenticate e abbandonate.Non mi piace perciò l'accostamento ad Halloween.
Halloween è per gli italiani solo una festa commerciale che non si può paragonare a Capetiempe-

Anonimo ha detto...

Anche io trovo questa festa priva di significato per noi. Può piacere ai bambini perchè si ritrovano a mascherarsi senza chiedersi troppe cose. Può piacere agli amanti del macabro, può piacere a chi va trovando le occasioni per divertirsi.Credo che non possa piacere alle masse ben pensanti.

francesco ha detto...

Il pensiero di Vittorio Monaco vola sempre alto e rimarrà in noi quale testimonianza di un uomo colto,innamorato del suo paese e delle sue genti.

Anonimo ha detto...

Secondo voi noipettoranesi siamo di halloween o di capetiempe?

Carla ha detto...

Questa domanda è scontata. E' ovvio, almeno per me, che siamo per capetiempe, perchè è la nostra tradizione e la nostra origine. Vero è però che tutti conoscono halloween e pochi capetiempe specialmente i giovani. Questo significa che non siamo bravi a valorizzare le nostre tradizioni anzi le reimportiamo dagli americani e gli diamo anche più enfasi.

una persona comune ha detto...

Io credo che sia assurdo paragonare la festa di Halloween con quella di Capetiempe.Nella prima ci sono persone che vogliono semplicemente divertirsi e non vedo cosa ci sia di male,in fondo al giorno d'oggi tutte le ricorrenze anche le più sacre sono diventate feste commerciali.Nella seconda forse sono proprio le persone che si definiscono benpensanti a non aver saputo trasmettere nelle giovani generazioni il suo significato.

francesco ha detto...

scusate io parlerei non solo di Halloween e di Capetiempe ma soprattutto di San Martino.
Perchè dimenticare nella discussione i nostri rituali e ci abbandoniamo molto al consumismo?

Anonimo ha detto...

peccato che Vittorio non c'è più ,avrebbe ancora illuminato le nebbie di questa nostra triste stagione

Anonimo ha detto...

ad una persona comune: ma che vua decere